L.A. Confidential

Shawn Levy ha scritto un libro sullo Chateau Marmont e ci racconta come questo hotel leggendario divenne un paradiso per i vip in incognito.

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A metà degli anni ’30 il direttore di uno studio cinematografico di Hollywood consigliò ad un paio di giovani attori appena arrivati in città: “Se volete essere visti, andate al Beverly Hills Hotel. Se non volete essere visti, andate allo Chateau Marmont.”

Il che era vero per molti anni. Lo Chateau Marmont, l’hotel leggendario al confine della Sunset Strip, era uno dei pochi posti a Hollywood dove le celebrità potevano fare quello che volevano, senza che la stampa, i loro capi o i loro coniugi lo sapessero.

In parte perché lo Chateau era più piccolo di concorrenti come il Beverly Hills e il Beverly Wilshire, e non aveva spazi pubblici dove poter spiare volti famosi. In parte perché era un po’ declassato, attirando ospiti che apprezzavano la tranquillità e il comfort piuttosto che il glamour. E in parte perché i suoi proprietari hanno istituito politiche rigorose per enfatizzare la privacy dei suoi clienti, famosi o meno.

In effetti l’hotel è diventato famoso per avere custodito segreti piccanti, una reputazione che alcuni produttori usano per un po’ di pubblicità gratuita. Conserva un’aria di mistero, anche se tutti i giorni i paparazzi fotografano le celebrità che vi entrano ed escono.

Chateau Marmont
Lo Chateau Marmont oggi

Il motel sulla strada che affitta camere ad ora, non controlla le carte d’identità troppo da vicino, e non vede o sente o dice mai nulla sui suoi ospiti è, ironicamente, un modello per gli hotel d’élite. Perché chi frequenta luoghi a cinque stelle non ama rivelare gli affari suoi, almeno non senza l’approvazione del suo pubblicista. Se un hotel vuole attirare ospiti famosi deve essere lussuoso e ben arredato, ma deve anche essere discreto. È possibile compensare un ospite per i vicini rumorosi o un oggetto di lavanderia perso. Ma un A-lister non perdonerà mai di essere stato venduto da un membro dello staff o da un vicino di stanza. Se un hotel non può preservare la privacy, e i segreti, dei suoi ospiti, la sua reputazione tra le celebrità è rovinata.

Sin dal 1929 lo Chateau Marmont ha goduto della reputazione di luogo discreto, anche durante gli anni in cui era sconosciuto, e persino un po’ squallido. Oggi è un rinomato hotel di lusso con tutti i comfort che i suoi ospiti possono desiderare, ma nessuno è più importante di uno staff con le labbra sigillate. Anche in un’epoca in cui siamo tutti un po’ paparazzi con i cellulari nelle nostre tasche, il Chateau è il sine qua non della discrezione. Mostra quello che basta per mantenere vivi i pettegolezzi, ma è assolutamente blindato quando si tratta della privacy dei suoi clienti. Paradossalmente, è famoso per essere riservato.

Lo Chateau Marmont fu concepito alla fine degli anni ’20 da Fred Horowitz, un avvocato che sognava di possedere un condominio su una strada non asfaltata che collegava le città di Los Angeles e Beverly Hills. Horowitz immaginò una torre di 43 appartamenti, con una vista imponente su tutto il sud della California, in un campo di cipolle su un’altura sopra un sentiero chiamato Sunset Boulevard. Chiese ad un architetto di imitare lo Chateau D’Amboise, un castello nella Valle della Loira. Ogni unità sarebbe completamente autonoma, con una cucina, un parcheggio sotterraneo e muri di cemento a doppio getto insonorizzati e resistenti al terremoto.

Chateau Marmont
Un look vintage degli esterni

Nel febbraio del 1929, Chateau Marmont, chiamato come una stradina sul bordo occidentale della proprietà, aprì le sue porte. Dopo soli sette mesi il disastroso crollo della borsa mise fine al gusto per le abitazioni di lusso. Nel giro di due anni Horowitz fu costretto a vendere l’edificio e ad abbandonare del tutto il mercato immobiliare.

Ironia della sorte, il nuovo proprietario non era interessato ad affittare appartamenti. Albert E. Smith era uno dei patriarchi di Hollywood e il co-fondatore di Vitagraph Studios. Aveva venduto lo studio qualche anno prima e stava investendo nel settore immobiliare. Nello Chateau Marmont vide la possibilità di attirare i turisti che venivano a Los Angeles per le Olimpiadi del 1932. Lo ha quindi adattato per farne un hotel, ha aggiunto alcuni bungalow privati e assunto ex attori cinematografici nel suo staff. Lo Chateau ha avuto successo con gli europei che preferivano sistemazioni in stile pensione agli hotel americani a servizio completo, e con attori e scrittori di Broadway che erano felici di venire a Hollywood a lavorare, ma non volevano essere visti come commerciali e hollywoodiani e cercavano delle sistemazioni che ricordassero New York.

Tutti apprezzarono la naturale privacy del luogo. Dato che non era stato costruito come un hotel, non aveva un grande ingresso, nessuna hall, nessun ristorante o bar, negozi, nemmeno una piscina. Si arrivava in macchina dal garage sotterraneo e un ascensore ti portava fon alla tua camera. Con una totale autosufficienza che sembrava più tipica di Manhattan o Londra che L.A.

In breve tempo, però, una donna che a quel tempo era praticamente la personificazione di Hollywood identificò lo Chateau Marmont come il luogo ideale in cui si poteva sbizzarrire.

Chateau Marmont
Una lettura di Ribelle senza causa nel bungalow di Nicholas Ray

Jean Harlow, la grande diva sexy dell’epoca, era una 22enne con due matrimoni alle spalle quando si trasferì qui nel 1933 con il marito numero tre, un cineasta che il suo studio l’aveva praticamente costretta a sposare. La coppia prese in affitto due unità, che occuparono più o meno separatamente, permettendo alla nuova sposa di intrattenere gli ospiti. Tra cui il suo amante, e spesso co-protagonista, Clark Gable. Harlow rimase allo Chateau solo pochi mesi (più o meno la durata di questo matrimonio), ma il l’idea di usare l’hotel come un rifugio discreto rimase nel tempo.

L’idea di Chateau Marmont come un rifugio prese davvero piede negli anni ’40, quando fu venduto ad Erwin Brettauer, un banchiere tedesco antifascista fuggito dalla sua patria con una grande fortuna, poi usata per finanziare la resistenza ai nazisti. Brettauer aggiunse altri bungalow, decorò gli attici e installò una piscina, dando all’hotel il suo primo punto d’incontro.

Ancora più importante, fece espressamente dello Chateau Marmont un posto dove tutti erano i benvenuti. Brettauer sfidò anche il razzismo che tenne gli artisti neri fuori dagli hotel di prima classe a Beverly Hills e West Hollywood. Duke Ellington scrisse un album mentre camminava nei corridoi dell’hotel. Lo Chateau divenne anche un santuario per Hollywood gay: Anthony Perkins e Tab Hunter iniziarono la loro relazione di due anni dopo un incontro in piscina. Certo, ci sono stati anche dei lati non proprio positivi di questa tolleranza: Nicholas Ray, il regista di “Ribelli senza una causa”, affittò un bungalow  per otto anni e lo usò anche per la sua relazione con la sedicenne Natalie Wood.

Anche se si trovava sulla trafficatissima Sunset Strip, era situato su una curva, quindi passandovi davanti era quindi visibile solo per un attimo. E poiché non aveva né un grande ingresso né un grande cartello, molti a Los Angeles non sapevano con certezza cosa fosse.

Quando un cantautore pop si suicidò nella sua suite negli anni ’50, i giornali diedero l’indirizzo dell’hotel, ma non il suo nome. Quando l’attrice di Broadway Helen Hays vi soggiornò all’inizio degli anni ’60, il Los Angeles Times scrisse che lo Chateau Marmont era uno degli hotel preferiti della gente dello spettacolo. La prima volta che il New York Times menzionò il suo nome fu parlando della mancanza di integrazione razziale a Hollywood. Il mondo del cinema e della musica ha continuato a fare affidamento sullo Chateau per le prove o le feste. P per nascondersi quando si sta per divorziare. In parte perché, anche se era (semi) famoso, era praticamente invisibile.

Chateau Marmont
La Penthouse con due camere da letto
Chateau Marmont
Hillside Bungalow
Chateau Marmont
Il ristorante offre piatti di cucina americana con ingredienti locali e stagionali
Chateau Marmont
I chiostri

Il cambio radicale avvenne nel marzo del 1982, quando il celebre attore John Belushi, ospite regolare allo Chateau sin dalla metà degli anni ’70, morì qui per overdose.

A quel punto, Erwin Brettauer non c’era già più, avendo venduto l’hotel al primo di una serie di gruppi di proprietà aziendali che lo aveva lasciato decadere. Nel 1975 Raymond Sarlot, un costruttore del sud della California, lo acquistò per demolirlo, ma il suo divorzio lo costrinse a trasferirsi proprio qui. In poco tempo se ne innamorò, investendo quindi in riparazioni e continuando a mantenere le politiche di discrezione e tolleranza precedenti.

La morte di Belushi, un verso scandalo, cambiò molto le cose. Invece di essere una curiosità nota a pochi, lo Chateau Marmont si fece la fama dell’hotel dove le stelle andavano a fare follie. La morte del comico divenne praticamente la prima cosa a cui si associava lo Chateau. E ospiti come Rick James e Jean-Michel Basquiat chiesero appositamente di alloggiare nel bungalow di Belushi. I tour turistici di Hollywood cominciarono a fermarsi davanti alla sua porta. E quando il romanziere Jay McInerney venne a sapere che uno studio cinematografico aveva prenotato lo Chateau e chiese se fosse buono, ottenne questa risposta: “John Belushi è morto lì! ”.

Questa era la situazione dell’hotel quando l’investitore di New York Andre Balazs lo acquistò nel 1992. Balazs sapeva che la predilezione delle celebrità per lo Chateau Marmont era la sua più grande risorsa, e decise quindi di investirci e migliorarlo. Aggiunse un ristorante, un bar, una palestra, un centro business e altri servizi, rendendo l’hotel più elegante che mai. Ma ha anche rafforzato le politiche sulla privacy, chiedendo al personale di firmare contratti con minaccia di azioni legali per la divulgazione di informazioni. Con l’era dei telefoni cellulari, ha istituito regole contro l’uso dei social negli spazi pubblici.

Chateau Marmont
Il corpo di John Belushi viene portato fuori da uno dei bungalow nel 1982

Di conseguenza lo Chateau di oggi è una calamita più che mai per i personaggi famosi. E per la stampa. Le storie che vedono lo Chateau come sottofondo sono elettrizzanti e infinite: Lindsay Lohan con un conto di oltre $ 40.000 e senza i soldi per pagarlo; Britney Spears disorientata che si spalma il cibo sul viso; Scarlett Johansson e Benicio Del Toro avvinghiati nell’ascensore; Beyoncé e Jay-Z che organizzano nel garage un afterparty top-secret per la notte degli Oscar. L’hotel ha fatto più notizia negli ultimi dieci anni rispetto a tutti gli 80 anni precedenti messi insieme.

Andate allo Chateau in qualunque serata e scoprirete ben presto che non c’è posto nemmeno al bar. Premi stagionali, anteprime di film, festa annuale GQ “Uomo dell’anno”, lanci di prodotti di lusso, feste private di celebrità. E’ una delle location più in voga di tutta Los Angeles. E se non sapete come trovarlo, cercate un gruppo di paparazzi attorno ad un vialetto ai piedi della Sunset Strip; sono lì quasi costantemente.

Decenni fa un pezzo grosso del cinema aveva suggerito di frequentare lo Chateau per non fasti vedere, oggi i pubblicisti mandano qui i clienti in cerca di notorietà per far girare qualche pettegolezzo. La privacy è un bene prezioso, certo, ma anche la pubblicità è una valuta. E lo Chateau Marmont è diventato il posto dove le celebrità hanno la scelta su quale faccia mostrare al pubblico.

 

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Tulum

Scritto da Shawn Levy

Shawn Levy è l’autore del bestseller “The Castle on Sunset: Life, Death, Love, Art, and Scandal at Hollywood’s Chateau Marmont,” e di biografie su Paul Newman, Jerry Lewis e Robert De Niro, assieme ad altri libri. Vive a Portland in Oregon.

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