Venezia Senza Maschera

Sono stata a Venezia decine di volte. Potrebbero anche essere cinquanta, non le ho contate. Quando ero bambina mi divertivo a correre tra i colombi di Piazza San Marco per vederli volare. Allora si poteva anche dar loro da mangiare senza pensare minimamente al problema dell’igiene pubblica e della conservazione dei monumenti. Da adolescente mi piaceva entrare in tutti i negozi alla ricerca di orecchini e collanine colorati a buon prezzo e fare un figurone con le mie amiche. Da adulta ci sono tornata ripetutamente, un po’ perché “Venezia è sempre Venezia”, ma soprattutto per vedere le innumerevoli mostre d’arte che vengono allestite qui ogni anno. A Venezia passi da Gaetano Pesce a Marc Chagall in un attimo.

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Un’immagine di Piazza San Marco a Venezia nel secolo scorso, con i suoi piccioni.
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A sinistra: Poltroncina di Gaetano Pesce, SENZA FINE UNICA – 2010 – Meritalia production. A destra: Marc Chagall – Notte Di Venezia.

Durante l’estate, durante il Carnevale, in autunno e a primavera, Venezia pullulava sempre di turisti. Non l’ho mai vista con l’acqua alta perché sono sempre riuscita a programmare bene le mie visite, del resto dalla mia città natale di Trieste in due ore di treno sono davanti a piazzale Roma. Da quando vivo a New York atterro sempre all’aeroporto Marco Polo e, anche se sono ancora un po’ stordita dal viaggio, poi faccio due passi a Venezia. Ogni scusa è buona per vedere i suoi ponti, le sue chiese, i suoi palazzi, le sue gondole e le sue finestre affacciate sull’acqua.

Eppure solo oggi, durante questo strano periodo quasi fantascientifico di epidemia, ho sentito di avere visto davvero lo spirito di Venezia. Come se la sua nebbia, che le sta comunque tanto bene, si fosse diradata per mostrarmi la sua anima più semplice, più umana, meno glamour. Quella dei cani veneziani e dei loro padroni pazienti che passeggiano con i loro amici fidati al guinzaglio. Delle signore con i capelli bianchi che portano su e giù per i ponti con gran destrezza i carrelli porta-spesa e che io immagino siano colmi di baccalà, scampi e bussolai. Quella dei netturbini che raccolgono quotidianamente i rifiuti sulle nuove imbarcazioni leggere in vetroresina. Il lunedì, mercoledì e venerdì anche carta e cartone, mentre vetro, plastica e lattine solo martedì, giovedì e sabato.

Come se fino ad oggi mi fossi lasciata conquistare da un’idea collettiva di Venezia, senza vederne il lato meno perfetto ed idealizzato, quello umano ed autentico.

 

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I canali a Venezia.
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Una nave da crociera.

Mi sono fermata a guardare i gondolieri che, un po’ annoiati ma anche divertiti, buttavano le molliche di pane ai pesci nei canali. L’acqua è di un azzurro che non ho mai visto prima. Nella caotica Venezia pre-Covid non ricordavo le commesse dei negozi gentili come sono ora, dietro la loro mascherina sembrano celare un sorriso rilassato. L’oste al Bacaro ao bricoe di Cannaregio ha trovato il tempo di spiegarmi ogni singolo “cicheto” e mi ha fatto venire voglia di provarli tutti: dalle polpette alle mozzarelle in carrozza, dal fritto di alici al baccalà mantecato e frutti di mare, tramezzini con uova e pancetta. Uno spritz d’accompagnamento ci sta proprio bene.

Certo, il momento non è dei migliori a Venezia. Non lo è da nessuna parte. Con il virus e il crollo dell’economia non si scherza, eppure Venezia non è mai stata così bella. Le navi da crociera se ne sono andate dalla laguna, almeno per qualche mese, e i suoi fondali ne saranno sicuramente grati. Alcuni lavoratori portuali un po’ meno ma, diciamolo, la sopravvivenza dell’ecosistema naturale e urbano della Serenissima è incompatibile con il turismo delle grandi navi.

Venezia rimarrà sempre una città senza pari. Le Venezia del Nord sono tante, da Amsterdam a San Pietroburgo, ma i paragoni non reggono. La Venezia del Giappone si chiama Ine no Funaya e si trova vicino a Kyoto mentre quella del Brasile si chiama Recife, eppure i viaggiatori di tutto il mondo faranno sempre quello che dovranno fare pur di visitare quella originale. Prenderanno un treno, un traghetto o un aereo, pagheranno una tassa, indosseranno la mascherina. La Biennale, il Festival del Cinema, le mostre più acclamate, i suoi ritratti firmati dai più grandi artisti. Questa è Venezia. Un palcoscenico privilegiato sospeso sull’acqua. E non solo.

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Le sculture di Lorenzo Quinn durante la Biennale del 2019 e 2017, rispettivamente.

“Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare” cantava Francesco Guccini. Nel 1951 la popolazione nel centro storico ha toccato il suo picco, sfiorando i 175 mila abitanti, per poi iniziare una lenta discesa che oggi arriva sotto i 53 mila. Le speculazioni immobiliari sono arrivate anche qui, ovviamente, come in tutte le città più belle del mondo. Le 4 mila case vacanza che aspettano i quasi 30 milioni di turisti che la visitavano ogni anno ora sono mezze vuote. Chi lo sa cosa potrebbe significare per la salvaguardia di chi affitta casa rispetto a chi lo fa in modo imprenditoriale.

Mentre passeggio spensierata tra le sue calli, senza dovermi far largo tra la folla, penso che forse in questo momento qualche poeta starà componendo un’ode alla sua bellezza, nascosto in qualche angolo segreto. Magari dietro quei cancelli che non avevo mai notato prima e che celano giardini rigogliosi. Lo ammetto, a Piazza San Marco non ci vado più da anni. Forse i colombi non ci sono più, e sicuramente ora mi darebbero solo fastidio, ma preferisco visitare luoghi al riparo dai flutti turistici, librerie e giardini come l’orto del Convento del Redentore sull’isola della Giudecca. Eppure sfuggire alla calca che era diventata sinonimo di Venezia mi era stato davvero impossibile. Oggi invece, passando con il vaporetto sul Canal Grande non c’erano le macchine fotografiche e i telefonini che generalmente mi circondavano per immortalare ogni minuto del percorso. Certamente non ho sentito la mancanza dei selfie stick. Dalla barca ho ammirato con calma il giardino delle rose nel cortile di Palazzo Cappello Malipiero Barnabò e mi è sembrato fosse in fiore solo per me.

 

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Il giardino del Palazzo Cappello Malipiero Barnabò visto dal Canal Grande.
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Un cancello che cela un giardino privato di Venezia.

Sono passata a visitare la Libreria Acqua Alta, con i suoi libri nelle gondole e nelle vasche da bagno, i suoi gatti oziosi, le scale di libri e la vista sul canale. Si era appena ripresa dall’alluvione di novembre quando è arrivato il Covid. Per poterci entrare ora, evitando gli assembramenti e mantenendo le distanze di sicurezza, bisogna avere tanta pazienza, ma ne vale sempre la pena. Forse non è davvero la più bella libreria del mondo come sostiene, ma sicuramente è una delle più belle.

Negli ultimi anno sono stati soprattutto gli autori stranieri ad ambientare qui i loro racconti. Gli italiani un po’ meno, tranne il libro di Susanna Tamaro che è appena uscito racconta di un amore vissuto tra Venezia, Mestre e la Grecia, sulla rotta delle navi da crociera. Sempre loro.

La scrittrice americana Donna Leon ha pubblicato una ventina di thriller veneziani che hanno come protagonista un certo Commissario Brunetti. Chi legge solo l’italiano non li conoscerà mai, perché per volere dell’autrice sono stati tradotti praticamente in tutte le lingue tranne la nostra.

Spesso la Venezia letteraria è quella del passato, della fine del Cinquecento in “Gli occhi di Venezia” di Alessandro Barbaro o della prima metà del XVIII secolo per “Stabat Mater” del veneziano Tiziano Scarpa. La Venezia degli anni ’70 in “Anonimo Veneziano” di Giuseppe Berto divenne anche un celebre film. Sembra impossibile ma a Venezia sono stati girati ben 700 film e sceneggiati televisivi, a partire dal film muto in bianco e nero del 1921 in quattro episodi diretto da Domenico Gaido, “Il ponte dei sospiri”.

 

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Il film di James Bond “Casino Royale” (2006) girato a Venezia.
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Le copertine in inglese dei libri di Donna Leon ambientati a Venezia e mai tradotti in italiano.
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Due immagini della Libreria Acqua Alta e di uno dei suoi famosi gatti.

Venezia per me è una fonte di ispirazione. La lascio sempre con una gran voglia di dipingere, scrivere e fotografare. Vivendo circondati da tanta bellezza i veneziani devono per forza di cose essere tutti degli artisti. Magari dei fornelli o… dei traslochi: persino per spostare un letto da una casa all’altra ci vuole una barca.

Intanto a Venezia continuano i test per il Mose, la costosissima opera per proteggerla dalle maree. Speriamo che funzioni, così il mio collega Mark Fedeli potrà finalmente realizzare il suo grande sogno e vedere questa splendida ed unica città. Spero anche che abbia la fortuna di scorgerne lo spirito sfuggente come ho potuto fare io, per un momento.

 
Madama Garden

Gli Hotel di Venezia

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